Cosa vuol dire crescere in Italia e appartenere anche ad altre realtà culturali? Quali sono i suggerimenti che ci sentiamo di dare perché questa condizione difficile possa migliorare?
Forum: Italiani o stranieri?
A questo aggiungo che nella mia esperienza di insegnante di scuola media il problema più spesso affrontato (oltre ai problemi di relazione tra coetanei) è stato il problema di scontro culturale tra ragazzi nati in Italia e genitori che ancora parlano e hanno valori radicati nella propria cultura di origine, valori diversi da quelli che si insegnano a scuola. Lo scontro a volte è drammatico e può portare a situazioni dolorose e di difficile gestione, come ad esempio una ragazzina che si ribella al velo, all’autoritarismo e al maschilismo del padre e fugge di casa, viene sottratta alla famiglia considerata “maltrattante” perché pretende il rispetto dei propri valori ecc. ecc. In questi casi ci si pone il problema di un rapporto più delicato di dialogo tra culture, ci si chiede cosa significhi multiculturalismo: Ecco il problema che più mi ha toccato in questi anni è vedere la difficoltà manifestata dai ragazzi di seconda generazione di integrare le due culture, ma nel video di questo non si parla.
Mi ha colpito il problema della rappresentanza, a cui non avevo pensato. Apprezzo una serie come “Zero” che fornisce modelli cui ispirarsi e in cui riconoscersi; dovrebbero essere potenziate iniziative di questo genere, che rendano il più possibile “normale” la presenza di culture e origini diverse negli “italiani” così come andrebbero resi meno eurocentrici i brani delle antologie e dei volumi di letteratura; andrebbero valorizzate le culture dei diversi alunni con iniziative, eventi in cui si sentano portatori di competenze ed esperienze proprie considerate utili agli italiani doc.; andrebbe valorizzata l’esperienza di cui si sono portatori (bilinguismo, biculturalismo ecc) da considerarsi “plus” e non inferiorità.
La designazione "italiani di seconda generazione" può creare una divisione sottile all'interno della società, sottintendendo che queste persone siano in qualche modo diverse o meno autentiche rispetto a coloro che sono italiani di prima generazione. In realtà, l'essere italiano dovrebbe essere un concetto inclusivo e aperto, che abbraccia tutte le persone che vivono in Italia e si identificano come italiane, indipendentemente dal loro background familiare o dalla loro storia personale. Le differenze culturali e le sfumature individuali arricchiscono la nostra società e non dovrebbero essere motivo di separazione o discriminazione.
Per gli effetti della globalizzazione, nelle nostre città si sono moltiplicati, negli ultimi anni, i colori, i profumi, i caratteri delle insegne dei negozi, le lingue , la moda, il look, il cibo, la musica, ecc. Davvero non si può negare le origini diverse; si deve convivere senza pensare come una situazione escludente, ma una situazione favorevole di interculturalità. Avere un’interazione positiva con una persona di differente origine culturale portando un arricchimento reciproco.
Ogni giorno ci relazioniamo con persone di origine differenti. Anche quando siamo soli, nella nostra casa, senza renderci conto, entriamo in contatto con altre culture.
È importante che l'individuazione identitaria dei ragazzi nati in Italia da genitori stranieri sia sostenuta dall'integrazione di tutti gli aspetti culturali della propria famiglia: questo processo è possibile se favorito nei contesti educativi dove poter enfatizzare la complessità identitaria.
La soluzione sta in decise politiche, anche scolastiche, di integrazione e inclusione. Basti pensare alla presenza nelle scuole del potenziamento disciplinare, ma della marginalità dei progetti di alfabetizzazione o di quelli interculturali.
Non mi sento di dare nessun suggerimento ma ascolterei i LORO suggerimenti su come fanno a migliorare questa condizione (difficile?).
Ci raccontano che da bambini, adolescenti, si sono identificati con idoli al di fuori del contesto italiano e tutt’oggi non si sentono rappresentati. Vivono una condizione di invisibilità quotidiana e pesa su di loro lo sguardo del diverso. La provenienza da realtà culturali diverse rappresenta una ricchezza, un dono, che se condiviso permette di scoprire e avvicinarsi a territori sconosciuti.
di misure concrete che tendano da una par-
te allo sviluppo ed alla crescita armonica dei
bambini ed adolescenti in età prescolastica, scolastica e professionale e d'al-
tra parte a incoraggiare e favorire l'integra-
zione degli stranieri adulti che hanno un grande influsso sullo sviluppo e la formazione dei bambini. Suggerirei di farli partecipare il piu' possibile alla vita pubblica ma soprattutto di integrare le varie culture( lingua, tradizioni...) nelle lezioni a scuola, valorizzandole e usandole come arricchimento.
Forse dovremmo smetterla noi adulti di cercare di etichettare tutto ciò che riteniamo essere diverso. Le nostre classi oramai sono sempre più composte da alunni italiani di "seconda generazione" e non c'è cosa più genuina nel vedere come i bambini siano davvero inclusivi e non vedano differenze tra loro. La diversità è una ricchezza e da insegnanti dobbiamo valorizzarla quotidianamente.
Maria Paola Mula
Concordo pienamente, bisogna andare oltre la connotazione negativa che si tende a dare alla parola diverso, solo così ciò che non è uguale a me può davvero essere accolto come qualcosa che può completare. Il razzismo, la xenofobia si basano proprio sulla paura di guardare chi è diverso da noi, perchè è normale che ciò che non conosciamo ci spaventi, ma spesso, le manifestazioni più forti delle discriminazioni si basano proprio sulla paura di riconoscere nell'altro qualcosa che appartiene anche a noi.
In prima battuta, “partire da zero”, potrebbe anche essere una questione mal posta: chi di noi non porta in sé un multiverso di colori, relazioni, valori e idee? Forse, più che azzerarsi e togliersi etichette per uniformarsi “in una notte delle vacche sono nere” [Hegel] - sarebbe bello indossare uno sguardo più aperto, in ampiezza e profondità, verso noi stessi e verso gli altri. La vera sfida, probabilmente, consiste nell’educarci come persone e nell’imparare ad educare, come professionisti, alla valorizzazione della nostra e dell’altrui ricchezza.
Quanto al secondo interrogativo, per togliere muri e creare ponti all’interno delle nostre classi interculturali bisognerebbe tra l’altro:
1) imparare a valorizzare tutti i codici in senso più inclusivo, compresi quello corporeo ed espressivo (artistico-musicale), come ci invitano implicitamente a fare anche questi ragazzi.
2) Accanto a ciò, trovo imprescindibile una vasta formazione in servizio che ci consenta di imparare ad operare con maggior padronanza l’insegnamento della lingua italiana come L2 (più seguo questo corso più mi rendo conto di quanto io possa migliorare).
3) Nondimeno, credo sia ugualmente importante che perché i nostri alunni non si sentano “invisibili” o “troppo visibili” si includano dal nostro oggetto di formazione dimensioni morali, etiche, religiose e più in generale culturali. Insomma: prima di sanzionare la mancata adesione ad una “regola”, imparare a porci il ragionevole dubbio che l’alunno o il genitore in questione possa non essere stato abituato a vederla, rispettarla o sentirla come sensata.
Sono d'accordo con tutto quanto espresso, il lavoro da fare è davvero tanto e spetta soprattutto a noi adulti e educatori lavorare in questo senso. In quanto insegnante di scuola primaria sostengo che la prospettiva educativa sia prioritaria rispetto la didattica, lavoriamo con delle piccole persone che si stanno formando e il nostro approccio e il nostro sostegno sono fondamentali. Nel caso specifico della mia esperienza la maggior parte dei bambini non è seguita a casa in quanto non ci sono gli strumenti per farlo e a scuola purtroppo le ore da dedicare ai bambini stranieri sono davvero poche.
Speriamo che in futuro le cose possano migliorare, ma ho molti dubbi al riguardo,
Ho in mente le classi della mia scuola dove si cerca di accogliere e valorizzare le realtà culturali che la compongono, e sono davvero tante (dalle dieci alle quindici nazionalità presenti per classe), cercando di accompagnare i bambini NAI, nei primi due anni del loro ingresso a scuola, con un percorso di alfabetizzazione attento e curato; la scuola riconosce infatti prioritaria l’acquisizione dell’italiano L2 per una efficace integrazione, alla quale contribuisce in modo importante tutto il gruppo dei pari, insieme agli insegnanti, durante i vari momenti della giornata scolastica. Di contro, in un’altra realtà scolastica di montagna a mezz’ora di strada e dove ho lavorato qualche anno fa, la presenza di bambini rom nelle classi ha rappresentato per il gruppo dei pari, sul quale si è cercato di lavorare, qualcosa “da tener distante”, da evitare e da escludere.
Due realtà tutto sommato vicine ma con evidenti diverse dinamiche di vivere un contesto classe pluricomposto.
Questo mi fa ripensare al video in cui viene detto anche che in Italia si possono fare ancora enormi passi rispetto alla multiculturalità e che in altri paesi, come l’America che cita, nessuno ti chiede se sei un americano di prima, seconda o terza generazione.
E allora cosa fare per cambiare questa difficile situazione? Un suggerimento è quello di provare a mettersi nelle “scarpe degli altri” (ci sono attività ludiche che arrivano dritte al punto); un altro suggerimento potrebbe essere il cambio di sguardo sullo “straniero” così da vederlo prima di tutto come essere umano…difficile in Italia, e non solo, oggi.
apertura mentale alle diverse culture e superare gli stereotipi culturali. Come? con dialogo e scambio per favorire la comprensione reciproca e contribuire a creare un clima di inclusione; con tolleranza e rispetto perché ogni persona è un individuo unico con la propria identità culturale; con partecipazione attiva a eventi, festival e progetti condivisi per favorire la conoscenza reciproca e il senso di appartenenza.
E' banale: in classe può essere utile dare visibilità alla diversità, ad esempio nella scelta degli argomenti di studio. Memorizzazione delle capitali: perché solo quelle europee? Sono molte le discipline in cui si possono portare storie ed esempi positivi che non siano limitati all'Italia/Europa.
Per comprenderci, altra ad una specifica formazione, sarebbe interessante esplicitare gli impliciti culturali, magari grazie alle famiglie degli alunni. Realtà culturali differenti possono diventare patrimonio comune se condivise. Prerequisito, il desiderio di conoscere e di farsi conoscere.
Sviluppare un'apertura mentale verso altre culture e tradizioni, cercando di comprendere e apprezzare le differenze.
Mantenere e sviluppare la conoscenza delle lingue delle diverse realtà culturali in cui si è coinvolti, poiché ciò facilita la comunicazione e la comprensione reciproca.
Partecipare attivamente alla comunità sia italiana che di altre culture, cercando di essere inclusivi . Promuovere l'educazione interculturale nelle scuole e nelle istituzioni, sensibilizzando alle diversità culturali e combattendo pregiudizi.
Partecipare a eventi, festival o programmi di scambio culturale per favorire l'incontro e la condivisione reciproca tra diverse realtà.
La scuola può svolgere un ruolo importantissimo in tutto ciò, cercando da far da tramite a uno scambio culturale che possa veramente arricchire e ampliare il bagaglio di conoscenze di ognuno di noi.
sviluppare una mente aperta e accogliente verso altre culture, cercando di comprendere e apprezzare le differenze anziché giudicarle. Imparare la lingua italiana e quelle delle altre realtà culturali a cui si appartiene può agevolare la comunicazione e il senso di appartenenza.Coinvolgersi attivamente nella comunità italiana e in quella delle altre culture può aiutare a creare legami e favorire la comprensione perché riconoscere e valorizzare le proprie radici culturali e quelle delle altre realtà, contribuisce a creare una maggiore integrazione e inclusione sociale.
Sensibilizzare le istituzioni, le scuole e le organizzazioni sulla necessità di promuovere l'educazione interculturale può favorire una società più inclusiva e tollerante.
Combattere i pregiudizi e le discriminazioni può contribuire a creare un ambiente più armonioso per tutte le persone che vivono in Italia, indipendentemente dalle loro origini culturali.
Promuovendo l'apertura mentale, l'educazione interculturale e la consapevolezza delle proprie radici e delle altrui, rende questa condizione più positiva e gratificante per tutti.
Guardate l'intervista a sei giovani italiani con origini straniere e partecipate al forum seguente.
Forum: Italiani o stranieri?
Cosa vuol dire crescere in Italia e appartenere anche ad altre realtà culturali? Quali sono i suggerimenti che ci sentiamo di dare perché questa condizione difficile possa migliorare? (fatto questo)